La Mindfulness e le sue applicazioni

12.10.2021

Consapevolezza o presenza mentale, significa "prestare attenzione" al momento presente senza giudizio, restare nel "qui ed ora".

Come afferma Kabat-Zin, essere attenti nel presente porta a «maggiore lucidità, chiarezza e accettazione della realtà in atto.»

La mindfulness non è una predisposizione cognitiva, ma un modo di essere non giudicante e non selettivo verso noi stessi e gli altri.

Kabat- Zinn definisce la mindfulness una «modalità dell'essere» o del «non fare» riferendosi all' accettazione di quello che avviene nella vita senza fare niente per cambiarlo, lasciarlo andare, trattenerlo ma accettandolo e lascandolo scorrere.

La psicologia moderna definisce la mindfulness come una possibilità di «riprendersi la propria vita». Il significato profondo è sapere accogliere nel qui ed ora la propria esperienza, qualsiasi essa sia, nel bene e ne male, senza giudizi cosi che vengono abbandonate l'applicazione di etichette e giudizi sulle cose che stiamo osservando.

Altra cosa, la pratica se fatta costantemente prepara ad individuare le «emozioni in quanto emozioni, le sensazioni fisiche in quanto sensazioni fisiche, i pensieri in quanto pensieri». Questo atteggiamento è utile per la cura dell'ansia, della depressione e di altre psicopatologie.

Importante è anche il fatto che essere saldi al momento presente ci permette di spalancare le porte alla nostra esperienza, a come la mente opera, comprende e come dà origine alla sofferenza sempre con consapevolezza. Tutto questo porta ad una maggiore conoscenza di sè.

A oggi viene inserita con successo in vari protocolli terapeutici legati a diversi disturbi come la depressione, disturbi d'ansia, dolore cronico, disturbo borderline di personalità, nei disturbi alimentari e nei disturbi da uso di sostanze e psicosi.

La mindfulness non si basa su conoscenze teoriche ma necessita di comprensione esperenziale. Non è un abilità cognitiva ma un modo di essere.

La mindfulness non è:

  • «non è un metodo per rilassarsi». Praticando la mindfulness si può arrivare al rilassamento ma in fondo questo non è il suo obbiettivo.

  • «non è costruirsi una mente», compresa come la rigidità e l'abitudine nell' agire (es. il pilota automatico) è esattamente il contrario.

  • «non è svuotare la mente». La mindfullness non sgombra la mente. Essa cerca di portare le persone ad essere più sensibili agli stimoli.

  • «non è ritirarsi dalle relazioni». Entrare in intimità con i propri sentimenti, emozioni e pensieri è equilibrare i bisogni che vengono dall' interno con quelli che vengono dall'esterno.

  • «non è un trucco per evitare le esperienze spiacevoli». Il dolore nella vita è una cosa inevitabile, mentre la sofferenza è causata dal modo in cui ci si confronta con l'esperienza negativa che stiamo vivendo. La mindfulnesss lavora su questo.

  • «non è un autoaccondiscendenza ». E' guardarsi per quello che realmente siamo, accettarsi.

  • «non è una forma esteriore». E' una forma interiore dove non occorre avere abiti particolari, o incensi, ma è necessario mostrare «una presenza gentile»,

  • «non è una forma di psicoterapia». Non bisogna dimenticare che se ci sono ferite psicologiche profonde, non è possibile guardare alla mindfulness come fosse una psicoterapia.

LA MINDFULNESS NELLA PRATICA

Lo sviluppo della concentrazione è un fattore essenziale nella pratica della mindfulness. Infatti essa allena «la mente ad essere consapevole dell'esperienza presente e disposta ad accettarla.»

Essere consapevoli dell'esperienza momento per momento significa capire le abitudini mentali che ci creano sofferenza per poi cambiarle. Questo è il compito che la mindfulness si prefigge. E' fondamentale iniziare imparando gli esercizi formali di concentrazione, perché essa si sviluppa solo con la pratica.

Occorre individuare un oggetto a cui prestare attenzione ed ogni volta che la mente inizia a vagare occorre riportarla con dolcezza all'oggetto dell'attenzione. Gli oggetti a cui prestare attenzione devono essere percepibili con facilità, come un quadro, un immagine (percepito con la vista, una sensazione corporea se abbiamo una posizione statica come ad esempio il respiro, una sensazione corporea se siamo in movimento, come per esempio i piedi sulla sabbia quando camminiamo, un suono (rumore dell'acqua, del vento), un immagine mentale, un mantra.

Nella pratica informale l'oggetto dell'attenzione è una componente essenziale di quello che stiamo facendo, quando facciamo la doccia o quando con un panno puliamo un mobile.

Le pratiche di concentrazione prevedono un impegno giusto e costante, non bisogna essere né troppo severi né troppo blandi, occorre trovare un equilibrio ma per questo è necessario provare, e riprovare fino a che non si trova il punto ottimale. Per trovare il giusto equilibrio occorre essere magnanimi con se stessi, pazienti e accettarsi cosi come siamo.

Tutti respiriamo. Respirare è uguale a "vivere", ma non prestiamo mai attenzione all'atto stesso. La respirazione è legata con gli stati mentali. Praticando la consapevolezza sul respiro ci rendiamo conto che il respiro è l'anello che unisce il corpo e la mente tra la parte consapevole e la parte che non possiamo controllare.

Il respiro consapevole è fondamentale in molti esercizi della mindfulness. La consapevolezza del respiro può essere svolta in piedi, da seduti o distesi, distanti dai propri pensieri, inspirare ed espirare in libertà, osservando l'addome che si alza e si abbassa, ponendo la nostra attenzione all'aria che entra ed esce dalle narici e dalla bocca, facendo caso al tempo che intercorre tra un ciclo e l'altro. Raggiunta la posizione comoda occorre chiudere gli occhi portando l'attenzione alle sensazioni legate al proprio respiro, sull'addome, sui polmoni, cercando di non controllare il respiro.

MINDFULNESS E CERVELLO

Per studiare i cambiamenti che avvengono nel cervello durante la pratica della mindfulness , e non solo per quanto riguarda la struttura fisica ma anche funzionale, sono utilizzate tecniche quali le indagini come la fMRI che permette di studiare il cervello in azione misurando i cambiamenti nel flusso sanguigno in regioni del cervello della persona impegnata nella meditazione o in un compito specifico e quelle di rivelazione elettrica come l' EEG.

Negli ultimi anni, lo studio scientifico della meditazione si è sviluppato notevolmente, grazie anche alle moderne tecnologie, le cosidette neuroimaging, che riescono a valutare le funzioni cerebrali dell'uomo. La tecnica più adattabile è la risonanza magnetica (MR), utilizzata per produrre immagini tridimensionali del cervello con un alta risoluzione spaziale, un'altra tecnica è la risonanza magnetica funzionale (fMR), tecnica non invasiva, essa consente di studiare il cervello in azione, mentre la persona che si sottopone a questo esame è impegnata in un compito mentale, come dover rispondere a stimoli visivi o impegnato nella meditazione. La fMR, misura i cambiamenti nel flusso sanguigno in regioni che si attivano come conseguenza di un'attività cerebrale.

Ci sono altre due tecniche di neuroimaging che consentono l'osservazione dell'attività cerebrale, e sono la tomografia a emissione di positroni(PET)e la tomografia computerizzata a emissione di fotoni singoli (SPECT). Entrambe studiano l'attività neuronale in modo diretto, attraverso la misurazione nel flusso sanguigno e il metabolismo. Queste tecniche vengono meno usate perché più costose e più invasive.

Tra le altre tecniche di indagine utilizzate ricordiamo l'elettroencefalogramma (EEG), l'elettromiografia (EMG) e la megnetoencefalografia (MEG). Esse misurano direttamente l'attivazione neuronale rilevandone i cambiamenti in un millisecondo.

Le aree coinvolte nelle pratiche di mindfulness sono due:

  • La corteccia prefrontale ventromediale (CPFVM)

  • La corteccia prefrontale dorsolaterale (CPFDL)

I ricercatori hanno osservato che la meditazione favorisce l'attivazione della corteccia cingolata (ACC). Un' altra regione che si attiva durante la pratica meditativa è l'insula anteriore che è collegata alla percezione delle sensazioni viscerali come la sete, la fame e all' equilibrio dell'attività respiratoria e cardiaca.

E' stato appurato che la pratica meditativa del respiro, per 4 giorni almeno per 20 minuti, cambia le risposte dell'insula e del cingolo anteriore collegato all' esperienza soggettiva del dolore solo come stato mentale, mentre le sensazioni fisiche non verrebbero modificate.

Quando la pratica meditativa è a livelli superiori ed è regolare aiuta:

  • La regolazione della produzione di cortisolo, un ormone che regola lo stress;

  • La riduzione della noradrenalina che è un neurotrasmettitore prodotto dalle ghiandole surrenali e dal cervello sotto stress;

  • L'aumento della melatonina nelle ore notturne, questo ormone aiuta a modulare i ritmi biologici dell'organismo come il sonno;

  • L'aumento della serotonina, un neurotrasmettitore regolatore dell'umore ed efficace per gli stati depressivi ed anche regolatore della fame;

  • L'aumento del deidroepiandrosterone (DHEA), un ormone che viene emesso dalle ghiandole surrenali e dal cervello, determinante sull'umore sul sistema immunitario;

Per concludere, si può dire che la pratica della meditazione genera un rilassamento profondo che potenzia l'attenzione, un maggiore controllo dei circuiti neuroendocrini, una maggiore coerenza cerebrale e una più efficace comunicazione tra gli emisferi.


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